La Street Art

L’”arte di strada” (comunemente conosciuta come “Street Art”) deriva dall’attenzione mediatica a cui negli ultimi anni è stata soggetta. In precedenza, era descritta dalla società come espressione dell’inquietudine e (purtroppo) della “maleducazione” dei giovani. Fortunatamente, con il passare degli anni, la sua visione è tramutata e oggi è considerata come una vera e propria forma d’arte.

La Street Art è quindi un’espressione artistica “di strada”, che anziché rappresentare l’arte su tela, la rappresenta negli spazi pubblici, come ad esempio nelle strade, sui muri e all’interno delle stazioni. Il confine tra vandalismo e l’arte è ancora molto sottile, ma fortunatamente il primo fenomeno sta diminuendo e il secondo invece si sta diffondendo. La nascita di questo movimento artistico non ha una data precisa o un luogo in cui collocarla. Generalmente, l’origine viene fatta risalire agli anni Settanta nella città di New York. L’interesse sociale a questa forma d’arte esplode negli anni Zero del nuovo secolo, soprattutto (e quasi unicamente) all’artista Banksy, la cui popolarità si espande a macchia d’olio in tutto il mondo. Da allora si fa della Street Art un’azienda di marketing, a cui vengono dedicati libri, prime pagine di giornali popolari nel mondo, interviste televisive e radiofoniche. L’impatto sociale è evidente, soprattutto grazie alle tematiche affrontate dagli Street Artists, primo tra tutti Banksy.

Banksy: l’artista che non abbiamo mai meritato

Chi è? Quando è nato? Da dove viene? È falsa l’affermazione che tutte le nostre domande hanno un’affermazione: queste non ce l’hanno e spero non ce l’abbiano mai. È questa una delle tante caratteristiche affascinanti di Banksy: l’ignoranza (intesa come ciò che non si sa) della sua identità. L’unica informazione che abbiamo è il suo paese d’origine. Banksy è uno street artist inglese. Dall’inizio della sua carriera, l’oggetto della sua arte è la politica. Nelle sue opere è possibile scorgere e comprendere messaggi politici e sociali, sempre scontati. Perché? Perché si tratta della rappresentazione della nostra quotidianità, di realtà a noi conosciute, ma che ci ostiniamo a ignorare, quasi come se non ci riguardassero e non fossero di nostro interesse. Ma la verità, è che l’arte di strada ha il magnifico potere di suscitare sempre qualcosa in colui che la osserva, indipendentemente dall’età, dalla classe sociale e dalla nazionalità. Le sue opere hanno sempre un taglio satirico, ma con tematiche serie e quotidiane, tra cui: la critica all’assurdità della società occidentale, il maltrattamento e lo sfruttamento animale, la brutalità della repressione poliziesca, lo sfruttamento minorile, la manipolazione e il controllo che i social media hanno su di noi. Per trasmettere i messaggi alla società, tende a utilizzare scimmie, topi, poliziotti, bambini, gatti, membri della famiglia reale britannica, oggetti di tutti i giorni (bombolette spray, palloncini). Spesso Banksy va oltre i confini del Regno Unito. Nel maggio del 2019 Venezia diventa la protagonista dei pensieri di Banksy. Tra le acque dei canali di Venezia compare un nuovo graffite: si tratta di una bambina con un giubbotto salvagente e un razzo segnaletico, che rilascia fumo di colore rosa acceso, che spicca immediatamente all’occhio. Un murale (“Bambino Naufrago”) che indubbiamente ha l’obbiettivo di lanciare un messaggio sociale, come sempre fa l’artista inglese. Una bambina che chiede aiuto, una bambina naufraga, una bambina orfana, una bambina persa in un mondo che l’ha dimenticata. È questo il messaggio che Banksy trasmette: la mancanza di solidarietà tra noi uomini, uomini tutti uguali.

Pochi giorni dopo, Banksy colpisce ancora: arriva lui, in persona, lungo una delle strade più famose di Venezia, città protagonista di questa sua comparsa. Unione di piccoli e grandi quadri che compongono una grande nave da crociera (“Venica in Oil”) [a sinistra]. Ed ecco un altro messaggio delicato: le navi da crociera delle acque veneziane. Oggetto di molte critiche da sempre, a causa del danneggiamento che queste grandi navi provocano alla nostra amata Venezia. In un post sul suo profilo Instagram, si vede Banksy che si finge un pittore ambulante e il video della composizione di quest’opera. La didascalia è: “Sto preparando il mio stand alla Biennale di Venezia. È il più grande e prestigioso evento d’arte al mondo. Ma per qualche ragione non sono mai stato invitato”. Non solo Venezia, ma anche New York, Cisgiordania, Bristol. Ci soffermiamo sulla Cisgiordania. L’opera analizzata è “la cicatrice di Betlemme”, comparsa nello scorso dicembre sul muro che separa la città di Gerusalemme, voluto da Israele. L’immagine rappresentata è pura e semplice. La Santa Famiglia: il Bambin Gesù, Maria Vergine e san Giuseppe. La natività è appoggiata al muro, un muro colpito, un buco enorme, un buco nel cuore di tutti i cittadini che lottano contro questo muro. Un foro che ha le sembianze di una stella, la stella cometa che tutti conosciamo sin da bambini. Si intravedono le scritte “pace” e “amore”, così semplici, ma così difficili da mettere in atto.

Ma noi non meritiamo un artista come Banksy. Un’artista spesso criticato per presunta illegalità. Un artista che sta cercando di aprire gli occhi alla nostra società e ai nostri politici su ciò che stiamo facendo a casa nostra, al nostro Mondo. Non lo meritiamo, perché troppo “avanti” rispetto alla visione che abbiamo noi della realtà, offuscata dagli interessi personali di ciascuno e dai soldi, dalla fama, dalla popolarità. È sprecato, perché nonostante le sue “avvertenze” ci ostiniamo a non ascoltarlo. Sarai lui a dirci “ve l’avevo detto” e saremo noi a chiedere scusa.

Margherita Simonati