Pesa sull’anima quando la proviamo e arriva veloce fino agli occhi. Non sappiamo perché succeda, succede e basta, e quando ci prende non si stacca più. Non sappiamo neanche come combatterla. Ma perché combatterla, in fondo? Sì, soffriamo come dei matti, volendo essere dove non siamo, volendo ritornare a dove eravamo, ma in fondo questo desiderio ardente dà fuoco alla nostra vita, che pian piano si trasforma in qualcosa di già visto ma più bello, più intriso, più poetico. Più passano gli anni, più saranno i momenti in cui ci chiederemo “ma di cosa sono fatto, se non di ricordi? Cosa sono, se non carne mista a immagini di anni passati dove l’aria era più leggera, il mio sorriso più libero e i miei piedi avevano più voglia di ballare? E soprattutto, perché se ne è andata così presto, quella vita? In fondo sembra quasi di non averla provata, tanto è stata fugace, passeggera, così ardita ma anche così lieve ed eterea. La vita inspiegabilmente e inafferrabilmente scorre, senza che noi la possiamo afferrare.

Eppure, quando io mi immergo nei ricordi, mi sento bene, soprattutto ora che vivo gran parte delle mie giornate a casa. Ricordi di tempi migliori o peggiori; nel primo caso, il mio cuore divampa pensando ai bei momenti che ho potuto vivere, che sono ancora più arricchiti di significato, rivissuti nella retina dei miei occhi, quando li chiudo. Nel secondo caso, penso a quando le cose andavano male, e mi sembrava di essere in un tunnel senza via d’uscita. E così, pensando ai tempi difficili, avvampa in me una tenerezza, per la ragazzina che ero, per la disperazione in cui mi trovavo. C’è sempre una via d’uscita, e i ricordi sono i primi ad insegnarmelo.

Perché, se non avessi in me il patrimonio dell’esperienza, e il conseguente mezzo memonico per ricordare, come potrei essere consapevole del mio valore, del mio coraggio, ma anche dei miei limiti?

Il vastissimo vocabolario tedesco ci offre due termini diversi per tradurre “nostalgia”.

Il primo. Heimweh, una nostalgia di un momento passato, a cui l’anima tende a ritornare, per rivivere la serena situazione in cui si trovava. I ricordi dell’estate, le giornate passate con una persona che ora non è più nella nostra vita, la limpidezza degli anni d’infanzia, le settimane in viaggio per terre lontane. La Heimweh dà un senso alla nostra vita; le dà un valore aggiunto, la rende importante, solida. Ogni momento ha un significato, e lo avrà per sempre: il suo ricordo accorrerà nel momento in cui ne avremo bisogno.

Il secondo termine è Sehnsucht: una nostalgia verso momenti non ancora vissuti, luoghi non ancora visitati. E’ il culto dell’inarrivabile, il desiderio di una vita diversa, magari anche fuori dal mondo. La fantasia spazia e lascia correre la mente verso tempi e luoghi irraggiungibili. La Sehnsucht è il sentimento primo dei romantici, il famoso “mal du siecle”, il senso di non appartenenza al nostro tempo, sentirsi incompresi dalla nostra società. Questa è la nostalgia dell’artista, il suo stimolo a creare un’opera in partenza irrealizzabile, possibile solo grazie alla fantasia e allo spirito del sublime. Ed è così che questa nostalgia irrazionale fa disperare i poeti dannati, ed anche ognuno di noi.

Sicuramente questa nostalgia parte soprattutto dai cuori giovani; i nostri genitori ce la rimproverano, affermando che dovremmo essere contenti di ciò che abbiamo, del “qui ed ora”. Invece è molto difficile per noi astenerci dal fantasticare su mete sconosciute, sia per scappare da un presente spesso molto difficile, sia per alimentare la nostra arte del desiderio. La nostalgia cambia a seconda dell’età: perché, con essa, cambiano le aspirazioni, i desideri, si diventa sempre più realistici, e questi aspetti sono tutti, in qualche modo, legati con il sentimento di nostalgia. Finchè, a un certo punto, si smette di ricordare. Senza ricordi, la nostra vita si spegne. Non solo perché il ricordo è strettamente legato alla condizione etica e morale dell’essere umano, bensì anche perché è proprio un istinto che ogni essere animale ha la fortuna di recepire.

Nel film Hachiko, il protagonista, uno splendido cagnolino di razza Akita, ogni giorno si ferma davanti al luogo in cui, per l’ultima volta, ha visto il suo padrone. Come fa l’essere animale a vivere, senza i reperti emotivi della sua vita? Ce lo domandiamo davanti agli anziani che non riconoscono più i propri figli. La perdita della memoria è una condanna che accompagna molti uomini e donne attraverso l’ultima fase della vita terrena, la senilità. Non riesco neanche a immaginare il loro profondissimo dolore, soprattutto dopo una vita di meravigliosi spasmi al cuore, ricordando il primo bacio, il primo rapporto sessuale, il giorno del matrimonio, il giorno in cui si sono sentiti per la prima volta realizzati, i giorni in cui hanno preso in braccio per la prima volta il loro bambino e poi il loro nipotino.

Per questo non dobbiamo mai dimenticarci che i ricordi sono, senza dubbio, il nostro tesoro più prezioso. E la nostalgia è uno dei sentimenti più vicini al nostro cuore. A volte fa male, sì, ma quel dolore è positivo, fa crescere, e invidiabile da chi non lo può più provare.

Che fortuna poter soffrire nella nostra nostalgia e nei nostri ricordi.

Anna Rescigno

 

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