Partite IVA, autonomi, estetisti e parrucchieri, operatori del turismo, clandestini, colf e badanti…sono innumerevoli i settori professionali di cui si è parlato in queste ultime, difficili settimane nell’ambito degli interventi per una ripresa lavorativa che (si spera) freni o, quanto meno, rallenti la crisi economica del nostro Paese. Accantonata, almeno momentaneamente, la grande paura legata alla nostra salute, si è paventata in tutta la sua drammaticità quella altrettanto grave per il nostro futuro sociale.

Che sia difficile poter anche solo pensare come proteggere tutte la categorie professionali che operano sul suolo italiano, è ovvio per chiunque.

Quello che forse sfugge a molti, però, è che in tutte le disamine, in tutti i confronti televisivi in cui abbiamo visto avvicendarsi ogni genere di esperto, la scuola sia stata ancora una volta il fanalino di coda, non abbia, ancora una volta, ottenuto la rispettosa attenzione che si meriterebbe. E questo dispiace, soprattutto a chi nella scuola ha trascorso gran parte della sua vita, credendo e prodigandosi perché altri credessero nel valore non solo della cultura, ma della libera formazione ed espressione del proprio pensiero, in sintesi, dell’acquisizione dell’autonomia intellettuale per le successive generazioni. Fa male perché la nostra è una delle scuole migliori del mondo, ma non sembra che in Italia ci si creda davvero, al di là dei proclami e al di là delle buone intenzioni.  Quante parole sono state spese in questi mesi per la scuola italiana e per le incredibili sfide che si è trovata ad affrontare e che ancora la attendono? E all’interno di questo già ristretto ambito di interesse, quanta attenzione è stata riservata alla scuola paritaria? Eppure essa esiste e opera superando mille difficoltà, restando inascoltata nelle sue richieste, ma pronta a rispettare le indicazioni generali, ottemperando a tutti i doveri della scuola statale senza vedersene riconosciuti i diritti.

Lungi da qualsiasi forma di vis polemica la domanda nasce però spontanea: visto che essa svolge un fondamentale ruolo formativo ed educativo, contribuendo sensibilmente alla crescita umana e culturale delle nuove generazioni (che dovrebbero rappresentare il capitale del nostro futuro) e soprattutto visto che viviamo in una società che si professa libera, accogliente e che promuove in ogni modo, a volte anche discutibilmente, l’accettazione di ogni forma di pensiero liberamente espressa, perché proprio tale società, di fatto, non rispetta o non fa rispettare la libertà di scelta di molte famiglie italiane di decidere autonomamente che tipo di insegnamento trasmettere ai propri figli? Appare, cioè, una netta distonia tra ciò che si proclama come un plus della cultura e della società e ciò che effettivamente è realizzato (o realizzabile) nel contesto scolastico. E questa distonia non può che indignare coloro che credono, come Einstein, che la libertà sussiste veramente quando sussiste la possibilità di scelta.
L’Italia è un grande Paese dove però molto è affidato all’iniziativa e alla capacità personale, ma soprattutto alla volontà  del singolo di caricarsi di un pezzo di responsabilità e un bell’onere di impegno per concorrere alla realizzazione di un bene maggiore e condiviso.

Qualche volta tutto questo non  basta…qualche volta la temerarietà e l’impegno di tanti non sono sufficienti a colmare il divario fra quello che sarebbe giusto poter far scegliere a tutti e quello che si può far scegliere.

E’ questo, proprio questo momento di difficoltà e di fatica per la ripresa di tutti i settori, l’occasione per far sentire la voce di chi crede nel valore della cultura, ma ancor di più nella necessità di rispettare le volontà di ognuno, mettendolo nella posizione di poter operare una scelta.

 

A.Fondi